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Goriano Sicoli - Corfinio



Si esce da Goriano Sicoli, seguendo le strade urbane Via Claudia Valeria e Via Giovanni Paolucci, fino alla stazione FS, da qui la strada piega verso N, ricalcando la SP per 1600m. Da questo punto il percorso abbandona la SP, e prende un sentiero molto stretto e ripido che taglia le linee di livello, raggiungendo di nuovo la SP dopo 250m, superando il dislivello di quota da 843 mslm a 766 mslm. Ma raggiunta la SP, la lascia di nuovo dopo 150m, prendendo il sentiero a S che raggiunge ancora una volta la SP dopo 790m, con un altro salto di quota notevole, passando da 736 a 563 mslm.

Da questo punto il percorso segue una comoda e larga strada sterrata coincidente con il Regio Tratturo, per 1030m. La strada ha sostruzioni in pietra, probabilmente moderne e alcune tagliate che sembrano essere invece più antiche. Poi il percorso continua sulla strada asfaltata che entra nel centro abitato di Raiano  e confluisce dopo 780m nella SS n. 5. Segue la SS per 360m in direzione E e poi piega verso NE, restando sulla SS n. 5 per 3230m fino all'inizio dell'abitato di Corfinio. Qui la strada è segnata dalla presenta dei monumenti funerari a torre (Foto 20)e dalla chiesa di S. Pelino. Il percorso arriva fino al centro del paese attuale dove si conservano i resti del teatro romano.

Lunghezza percorso: 9,64 Km

Profilo elevazione


Eremo di San Venanzio 
L’eremo di San Venanzio è situato all’interno di una riserva naturalistica in cui le acque del fiume Aterno si fanno spazio tra le rocce dei monti Urano e Mentino, in un contesto paesaggistico di grande suggestione. Venanzio, nativo di Camerino ed esponente di una famiglia nobile, si convertì al cristianesimo verso la metà del 200; con il maestro Porfirio si ritirò in eremitaggio a Raiano, fino all’arresto nel 259 e alla decapitazione.

L’acqua è un elemento ricorrente nella vita del santo: prima di essere decapitato, avrebbe fatto nascere una sorgente per dissetare i soldati, mentre dalla sua testa, rimbalzata a terra tre volte, sarebbero sgorgati zampilli. I luoghi da lui frequentati divennero oggetto di venerazione e tre edicole segnarono i punti delle impronte del gomito, della testa e del piede del Santo, ancora oggi raggiunti dai pellegrini per guarire dai dolori artritici e da malattie ai reni. Alle acque dell’Aterno, che sgorgano in quel punto formando una cascata, viene riconosciuto potere curativo. L’impianto della chiesa più antica sembra collocabile tra il XV e il XVI secolo: realizzata “a cavallo” tra le due sponde del fiume, nel punto  in cui la gola si restringe maggiormente, ha una pianta rettangolare, ma l’impianto originario è stato alterato da interventi di epoca successiva. Il complesso, nel quale si conservano anche le cellette eremitiche, è un’ardita opera costruita sulla grotta dove visse il santo, raggiungibile attraverso la scala santa, scavata nella roccia e con accesso davanti all’altare. Tra le opere conservate nell’eremo, spicca il Compianto in terracotta policroma del 1510, una composizione di diciassette figure e cinque angeli che pendono dal soffitto.
Il luogo, descritto già nella prima agiografia del Santo, redatta dai padri Bollandisti nel 1668, fu visitato anche da Benedetto Croce che si soffermò sui numerosi ex- voto all’epoca presenti e successivamente trafugati.

Cattedrale di San Pelino
La Cattedrale di San Pelino è posta lungo l’antico tracciato della via Valeria che da ovest immetteva nel borgo abitato, ristrettosi, in età medievale, soltanto sull’estremità dello sperone occupato in precedenza dalla città romana.  La costruzione, avviata nel 1075 dal vescovo Trasmondo, fu interrotta nel 1092 e completata nel 1124. Più corpi di fabbrica compongono il complesso, di grande pregio architettonico ed artistico: la Cattedrale, l’Oratorio di Sant’Alessandro , la Torre e l’Episcopio.  Le absidi scandiscono il possente e armonico perimetro esterno della chiesa, in corrispondenza della navata centrale e dei due bracci del transetto; l’insieme, con le arcatelle poggianti su animali che sorreggono le colonnine e le lastre di pietra decorate con differenti motivi, costituisce un segno nel territorio circostante.
Vari elementi emergono all’interno della chiesa a tre navate, alla quale si accede attraverso un portale elegantemente ornato con motivi vegetali: l’ambone di pietra, realizzato all’epoca del vescovo Oderisio di Raiano (1168-88), tracce di affreschi due-trecenteschi alle pareti e un bel bassorilievo di Madonna con Bambino, del XII secolo, che rimanda echi bizantini. L’abside maggiore ospita il coro ligneo (1738) opera di Ferdinando Mosca da Pescocostanzo, mentre nell’area tra la sacrestia e l’edificio conventuale è custodita una «Crocifissione» del pittore abruzzese Teofilo Patini.
Prima della chiesa, alla fine dell’XI secolo, fu edificato dal vescovo Trasmondo l’oratorio, dedicato a papa Alessandro, rappresentato benedicente, con alcuni santi, negli affreschi parietali del XIV secolo. Le quattro campate uguali e l’abside, molto appiattita nella curva posteriore, conferiscono allo spazio un aspetto austero, al quale contribuisce anche una torre rettangolare, di carattere difensivo, che ingloba un mausoleo romano, il cui nucleo è ancora visibile nel vano sottostante. Una parte in vetro del pavimento permette di vedere le sepolture di una necropoli paleocristiana.

Corfinium 
Corfinium, la città più importante dei Peligni, occupa un’area di particolare rilevanza per il controllo del territorio; situata sulla riva destra dell’Aterno, in età romana è attraversata dalla via Valeria, in direzione est-ovest, e dall’asse nord-sud che, lungo l’alta valle dell’Aterno e la conca di Sulmona, collega il mondo sabino con quello sannita. Per questa centralità la città diviene capitale degli insorti, durante la guerra sociale (91- 89 a. C).La città antica, sebbene coperta da quella moderna, conserva ancora notevoli resti monumentali, distribuiti nel contesto urbano e facenti parte del “Parco archeologico” La piazza principale corrisponde al sito del teatro, sulla cui curva si impostano le case; i muri in opera incerta sono ancora parzialmente visibili nelle ambienti sotterranei e di- segnano un diametro di 75 metri circa. La costruzione fu curata dal magistrato T. Mittio Celere, il quattuorviro quinquennale ricordato in una iscrizione, dei primi decenni del I sec.a.C.Un settore della città antica, organizzato su strade ad incroci perpendicolari, è stato scavato nella zona di Piano San Giacomo negli anni Novanta del Novecento, sulla base delle segnalazioni di A. De Nino. Nella porzione più vicina alla strada moderna alcuni ambienti appartenenti alle terme (I–III sec. d.C.), sono caratterizzati da colonnine di mattoni quadrati che sostenevano i pavimenti, al di sotto dei quali veniva immessa aria calda. La zona centrale è occupata da un grande edificio del I sec. d.C., interpretata come domus o sede di collegium (associazione), che si sviluppa intorno ad un grande giardino porticato con al centro una vasca polilobata ed un piccolo edificio con pavimento a mosaico, identificabile con un ninfeo. Lungo il lato occidentale del peristilio, in tre dei cinque ambienti sono conservati pregevolissimi pavimenti a mosaico a disegno geometrico, arricchiti da tarsie marmoree quadrate , in un caso, e da un disco di alabastro nell’altro. Due degli ambienti sono absidati e quello centrale, in allineamento con gli edifici del giardino, conserva ancora un basamento per l’alloggio di una statua o di altro elemento. Un’altra area del Parco Archeologico, lungo la via di collegamento tra Corfinio e Pratola Peligna, conserva i resti di un edificio sacro. Il tempio, del I sec. a.C., è costruito in opera incerta, con pavimento della cella a mosaico bianco e nero ; in uno degli ambienti a lato della cella fu rinvenuto un cammeo rappresentante l’imperatore Claudio, oggi esposto nel Museo archeologico. In un altro piccolo edificio, situato nei pressi, è stato riconosciuto un piccolo tempio o una struttura funeraria, eventualmente posta subito al di fuori delle mura della città. 

Museo 
Il Museo Civico Archeologico “A. De Nino” ha sede in uno storico palazzo nell’antico borgo di Pentima (nome con il quale Corfinio fu denominata fino al 1928) e ospita parte della collezione archeologica del vecchio Antiquarium, cui si sono aggiunte le testimonianze raccolte durante le campagne di scavo degli ultimi decenni.  Il percorso prende avvio da una stanza che suggerisce lo studiolo di Antonio De Nino, lo studioso peligno che avviò gli scavi della città nel 1877,  Al piano superiore, i reperti esposti nelle prime sale ripercorrono cronologicamente le fasi più antiche, attestate sia da ritrovamenti sporadici che dai corredi delle tombe del centro arcaico; vasi e bronzi di importazione documentano la fitta rete di relazioni che Corfinio intrattenne. Il culto di Ercole è il tema delle sale dedicate allo scavo del santuario extraurbano della Fonte di S. Ippolito, mentre lo sviluppo della città romana è testimoniato dalle decorazioni parietali e pavimentali, dalla suppellettile domestica e dagli oggetti della vita quotidiana.
Nella ricca collezione numismatica emerge la moneta in argento della Lega italica, coniata in occasione della Guerra Sociale (91-89 a.C.), combattuta dai po- poli italici contro Roma per rivendicare i diritti di cittadinanza; sulla moneta per la prima volta fu inciso il nome ITALIA, a comprendere tutte le realtà confederate. Numerosi testi epigrafici, conservati in gran parte nel Lapidarium, fanno di Corfinio la città abruzzese con la più ampia documentazione scritta della fase romana: tra i pezzi più importanti esposti nel Museo, l’iscrizione del teatro, riutilizzata per la realizzazione di uno stemma vescovile nel Settecento. Un bel ritratto dell’imperatore Claudio e un cammeo in sardonice testimoniano l’interesse della famiglia imperiale per questo territorio, nel corso della prima metà del I sec. d.C. Le necropoli romane della sala successiva parlano dei cittadini di Corfinio: nomi, mestieri, cariche pubbliche, stralci di vita che offrono al visitatore un quadro della società dell’epoca.
Infine, nell’ultima sala espositiva si segue la trasformazione del centro abitato in

Sant’Ippolito 
Appena fuori dal paese sorge l’area sacra di Sant’Ippolito, dove gli scavi hanno messo in luce un santuario italico del III sec. a.C., dedicato ad Ercole, sorto nei pressi di una sorgente naturale, in un contesto naturalistico di grande suggestione. Il complesso si sviluppa su due terrazze: in quella inferiore una ci- sterna in opera cementizia e una vasca in lastre di pietra raccoglievano l’acqua ritenuta salutare ancora fino a qualche decennio fa, quando era utilizzata per guarire i mali dell’orecchio.
Nella terrazza superiore un piccolo sacello rettangolare in opera quadrata si addossa a un lungo muro in blocchi quadrangolari che delimita l’area sacra. Il santuario era dedicato ad Ercole, ma anche altre divinità, legate all’agricoltura e alla pastorizia, venivano qui venerate; le numerose offerte votive, tra cui centinaia di statuette in bronzo di Ercole, sono esposte nel Museo, insieme ad alcuni dei cippi trocopiramidali, con iscrizione, sui quali erano collocate.

Abbazia di S. Spirito al Morrone 
Nell’Abbazia di Santo Spirito al Morrone la storia di Pietro Angelerio si confonde con quella del complesso architettonico che, attraverso i secoli, ha segnato i vari passaggi della vita dell’eremita, divenuto papa Celestino V, e dell’Ordine da lui fondato. Dall’iniziale ampliamento della piccola chiesa di Santa Maria si passò alla costruzione del nuovo edificio sacro e dell’annesso convento; sarà questa la sede dell’Ordine, sulla base del Capitolo Generale tenutosi del 1293.
Oggi, dopo gli interventi seguiti al terremoto del 1706, cinque cortili scandiscono lo spazio interno racchiuso da un muro di cinta quadrangolare; la chiesa settecentesca, con la facciata che rimanda a quella di San Carlino alle Quattro Fontane a Roma, si eleva nel primo dei cortili, denominato “dei Platani”. Lungo il lato sud-est si colloca il Refettorio, con pitture murali monocrome del 1717-1719 di Frate Joseph Martinez e ricche decorazioni in stucco. Uno scalone monumentale dà accesso al primo piano, mentre ampie porzioni del complesso sono in corso di restauro. Dopo la soppressione dell’Ordine dei Celestini, a seguito della emanazione della legge napoleonica del 1806, l’Abbazia è stata utilizzata per varie destinazioni: Collegio Reale dei tre Abruzzi, ospizio di mendicità e quartiere militare con annesso ospedale. Dal 1868 al 1993 tra queste mura è stata ospitata una casa di reclusione, mentre dal 1998 è stata avviata una nuova fase che ha portato alla restituzione alla comunità dell’importante struttura, oggi visitabile.

Eremo di Celestino V
Sul Morrone Pietro Angelerio, chiamato anche Pietro da Morrone, nel 1294 fu raggiunto dai messi di Carlo II d’Angiò che lo informarono della sua elezione a Papa e lo condussero nella Basilica di Collemaggio all’Aquila per la solenne incoronazione, con il nome di Celestino V. L’eremita si era spostato in vari luoghi, alla ricerca della necessaria solitudine: dapprima a S. Maria al Morrone, poi a Santo Spirito sulla Maiella e di nuovo sul Morrone, in una grotta a 620 metri s.l.m. Qui tornò dopo il “gran rifiuto” al soglio pontificale, come definito da Dante nel Canto III dell’Inferno; numerosi pellegrini, richiamati dalle sue virtù, accorsero sul Morrone e gli spazi furono adattati a questa nuova realtà.  Il luogo di culto subì un pesante danneggiamento durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale; il restauro successivo ha in parte modificato l’aspetto originario. Dal piazzale sottostante, un sentiero conduce all’eremo, caratterizzato da un loggiato di dieci finestre con arco a tutto sesto, soffitto ligneo e affreschi risalenti al XV secolo; al primo piano è situato l’oratorio, in cui si conservano affreschi e le due celle di Pietro e Roberto da Salle, suo discepolo. Da una scalinata si accede alla terrazza panoramica dalla quale si spazia su tutta la valle Peligna; la tradizione vuole che da questo punto i fedeli lancino sassi verso il basso a simboleggiare l’allontanamento dalle tentazioni.  Da qui si accede alla grotta dove Pietro si ritirava in preghiera. 

Santuario Ercole Curino 
Il santuario di epoca romana è collocato tra l’abbazia di Santo Spirito e l’Eremo di Celestino V. Attribuiti da una tradizione alla villa di Ovidio, i resti riportati alla luce, a partire dal 1957, si rivelarono essere un luogo di culto dedicato a Ercole Curino.  Dopo la guerra sociale (91-89 a.C.), l’ampliamento del complesso gli conferì l’aspetto di un santuario, paragonabile per dimensioni a quelli coevi della Fortuna Primigenia a Palestrina o di Ercole Vincitore a Tivoli, caratterizzati da terrazzamenti artificiali.  Nella sequenza del santuario di Sulmona, il terrazzo inferiore risulta essere il più recente, sostenuto da un muro di sostruzione in opera incerta e quasi reticolata sul quale si impostano ambienti voltati, le cosiddette “botteghe di Ovidio”. Dal terrazzo intermedio, chiuso in origine da un portico colonnato su tre lati, una imponente scalinata conduce al livello più alto, il più antico; un donario per le offerte e una fontana accoglievano i fedeli qui giunti per venerare Ercole. Alcuni gradini immettono all’area del sacello, oggi protetto da una moderna copertura; le pareti in muratura in opera quadrata sono decorate con affreschi a grandi riquadri policromi (cd. primo stile pompeiano). Il mosaico pavimentale, anch’esso policromo, presenta una decorazione articolata, in cui si alternano elementi geometrici e delfini; sulla soglia un fascio di saette rimanda a Giove, padre di Ercole.  Al momento dello scavo fu possibile recuperare numerose offerte alla divinità, oggi in gran parte esposte nel Museo Archeologico Nazionale di Chieti. Tra queste la statua in bronzo di Ercole in riposo, copia dell’originale dell’artista greco Lisippo, dedicata nel I sec. a.C. dal ricco commerciante M. Attio Peticio Marso; il dio è rappresentato in riposo, appoggiato alla clava da cui pende la pelle di leone. Un’altra statuetta di marmo rappresenta Ercole in posizione sdraiata, dono di L. Albius Eros, offerente e autornel I sec. a.C. Davanti all’ingresso fu rinvenuto un altare di bronzo, ornato con bucrani, cornucopie e strumenti per il sacrificio, offerto da C. Settimius Popillianus. Nel II sec. d.C. un evento distruttivo seppellì la parte superiore del complesso e sigillò il sacello; l’area, pur essendo abbandonata, mantenne la sua sacralità, attestata dalla costruzione di una piccola chiesa ai margini del santuario romano.

Goriano Sicoli

  • Comune: Piazza Della Repubblica, 14  0864 720003
  • Farmacia Municipale via Municipio, 2   0867. 790300
     
  • Ristorante Il Girasole Via Capitano Manfredi Colangelo, 1 - Tel. 0864 720230
  • Ristorante La Pasquina
  • Ristorante glocal Via delle Valli, 4 - Tel. 338 5741935
  • Locanda escher B&B Via Giovanni Paolucci, 113 - Tel. 0864 720189
  • Il Girasole B&B Via Capitano Manfredi Colangelo, 1 - Tel. 0864 720230



Raiano

  • Comune: Viale Tratturo, 3.  0864 72212
  • Farmacia dr Pasquali Francesco  0864 72324
     
  • Affittacamere Centro Storico Di Di Biase Elena Via Palazzo, 3    329 707 8683
  • B&B Il Brucaliffo Via Eduardo de Filippo, 14, 67027 Raiano AQ•349 391 6680

 

Corfinio

  • Comune: Via Zambeccario, 4. 0864 732012
  • Farmacia Santilli Francesca  0864 728328
     
  • Albergo Ristorante Pizzeria  Excelsior  Via Sacra, 37 0864 728300
  • L'armonica di nonnoSandro via del Decurionato, 7
  • Nova Domus  Via Tiburtina Valeria 6, 329 733 2139
  • CorfiniumRoseHouse S.S. 5
  • Bed & Breakfast 4 Parchi Via Tiburtina Valeria, 16/A, 348 332 8044