Da Goriano andiamo verso la Valle Subequana. Un tempio italicoè la prima meraviglia lungo la strada per Castel di Ieri. Le “terrazze” oltre la porta urbica, nel piccolo gioiello medievale sovrastato dalla torre normanna, mostrano l’incanto della valle sotto il Sirente maestoso. Terra di spiritualità, come ci ricordano l’eremo di S. Maria Pietrabonae, a Castelvecchio, San Francesco con gli affreschi trecenteschi e i preziosi oggetti d’arte sacra nel museo. Dell’antica Superaequum scopriamo le tracce in iscrizioni e materiali di recupero incastonati nei muri di chiese e palazzi, nel basamento di Sant’Agata, antico tempio dedicato a Ercole, nella catacomba, raro esempio del primo cristianesimo.
Per un sentiero che da Molina attraversa le Gole e fiancheggia l’acquedotto romano delle “Ucchele”, siamo a Raiano e da qui, lungo la statale, a Corfinio, tappa conclusiva del cammino tra Marsi e Peligni lungo l’antica via Valeria.
Statulae - Miliario di Goriano
Nell’autunno del 1897, non lontano da Goriano Sicoli, in località “Costa dei Saraceni” ai piedi del colle S. Donato, Pasquale Cifani rivenne la colonna miliaria XC, di cui, purtroppo, ben presto si persero le tracce; Giovanni Pansa la vide nel 1918 presso il museo di Sulmona, dove, grazie all’intervento di Antonio De Nino, l’importante manufatto era stato ricoverato: L’iscrizione ricorda l’intervento dell’imperatore Magnenzio sulla via Valeria ed è databile tra gli anni 352/353, come quello di Alba Fucens: [Liberatori orbis Ro]mani, / [restitutori libertat]is et re[i]pu[b(licae)], / [conservatori militum] ac prov/[incialium, d(omino)n(ostro) Ma]gnentio, / [in]vic[to principi, vi]ctori / ac triumfatori semper / Aug[usto; ? Fl(avius) Ro]m ul¬us v(ir) c(larissimus), / consularis reg(ionis) Flaminie / [et] Piceni[- - -] curavit.
Santa Gemma
Il culto di Santa Gemma è legato al racconto della giovane, nata intorno al 1375, giunta a Goriano Sicoli da San Sebastiano di Bisegna. La sua grande bellezza fece innamorare il conte Ruggero di Celano che la pastorella riuscì a far recedere dai suoi propositi e pentirsi; per consentirle una vita ritirata e dedicata alla preghiera, il conte fece costruire una comoda stanza adiacente alla chiesa di San Giovanni, dove condusse una vita ascetica. Secondo altre versioni, la pastorella visse per quarantadue anni in clausura assoluta nel piccolo borgo. Subito dopo la morte, avvenuta il 12 maggio 1426, i numerosi miracoli a lei attribuiti avviarono la devozione nei suoi confronti, fino all’approvazione del culto nel 1890. Il ricordo di questi avvenimenti si ripete ancora oggi nel rituale della festa; un pellegrinaggio, proveniente da San Sebastiano di Bisegna, ripercorre l’itinerario di Gemma nella giornata dell’11 maggio. La casa della “comare”, nella quale abitò anche la giovane, ospita la confraternita a lei intitolata. La chiesa fu edificata nei pressi della sua cella nel 1613; la facciata, con interventi del XVIII e XIX secolo, è suddivisa in tre sezioni verticali da lesene in pietra, alle quali corrispondono i tre portali, di cui il principale con cimasa a volute e fregi. L’interno, ad aula unica ed abside semicircolare, accoglie un ciclo di affreschi sulla vita della Santa e una tela di Sant’Antonio di Padova, opera di Teofilo Patini.
Santuario Madonna di Pietrabona
Il nome del santuario della Madonna di Pietrabona è stato riportato a un preesistente culto della dea Bona. Secondo la tradizione, invece, sarebbe da attribuire al miracoloso salvataggio di un fedele che, travolto da un’alluvione, fu aiutato dalla Madonna che apparve seduta su una roccia (pietra buona). Il santuario è menzionato nelle bolle papali di Lucio III (1183), Clemente III (1188) e Onorio III (1223). Il primo impianto è costituito da un edificio a torre addossato alla parete rocciosa e da un avanzo di arco che immette in una piccola caverna; il secondo, di poco successivo, è costituito dalla chiesa e dall’abitazione dell’eremita. La chiesa si sviluppa in un unico ambiente con volta a botte; la parte opposta all’entrata è affrescata con una immagine della Madonna con Gesù, alla quale si addossa l’altare. Il luogo è tuttora meta di pellegrini, nel martedì di Pasqua, quando si svolge una processione che riconduce la statua della Madonna al santuario.
Tempio italico di Castel di Ieri
Non lontano dall’antico percorso della Valeria, tra gli attuali paesi di Goriano Sicoli e Castel di Ieri, in località Madonna del Soccorso , nel 1987 sono stati casualmente rinvenuti i resti ben conservati di un tempio rivolto a sud-ovest (II-I sec. a.C.), oggi visibile al di sotto di una grande struttura in legno. Il podio è realizzato in opera poligonale rivestita da lastre di pietra calcarea lavorate; la scalinata d’accesso, di nove gradini, è incassata frontalmente. Preceduta da quattro colonne, delle quali si conservano sul posto due basi, la triplice cella conserva ancora parte dei muri perimetrali con base in opera quadrata e pavimenti in mosaico bianco e nero. Nei due ambienti laterali il campo bianco è riquadrato da una cornice di otto tessere nere, mentre nell’ambiente centrale , all’interno di un riquadro, si trova un emblema quadrato con motivo a meandro; sulla soglia una iscrizione in tessere nere sul campo bianco indica i nomi dei magistrati che promossero un inter- vento. Nella cella centrale, un piccolo basamento doveva ospitare la statua del dio, della quale sono stati rinvenuti alcuni frammenti relativi alle mani, al braccio destro, alla gamba sinistra e al mantello orlato di serpenti; quest’ultima particolare ha portato a riconoscere nella statua, alta 3 metri ca., una immagine di Giove Egioco. A una fase precedente appartengono i resti di una struttura templare (III- II a.C.), sostituita da quella oggi visibile. e rinventua nei livelli inferiori. Al di sotto, una necropoli di tombe a circolo del VII-VI sec. a.C. attesta la frequentazione nelle epoche più antiche, lungo le vie di passaggio della Valle Subequana.
Superaequum
L’antica Superaequum era collocata a sud-ovest rispetto all’attuale Castelvecchio Subequo, nella piana attraversata dalla strada che conduce a Gagliano Aterno, in parte urbanizzata nel corso del XX secolo. La città divennemunicipium nel I sec. a.C., probabilmente a partire dall’età augustea, in un momento successivo rispetto ai vicini centri peligni di Corfinium e Sulmo; l’aggregazione di vari abitati, che occupavano questa zona tra i monti e di cui resta evidenza nei numerosi reperti provenienti soprattutto dalle necropoli, portarono alla formazione del nucleo urbano. Scarsi sono i resti visibili; gli scavi archeologici hanno messo in luce varie strutture, in alcuni casi con raffinati mosaici pavimentali in tessere e marmi, posti al sotto il tessuto abitativo moderno. Presso la chiesa di Sant’Agata, oggetti votivi e iscrizioni con dediche attestano l’esistenza di un santuario dedicato ad Ercole, le cui strutture si conservano anche all’interno dell’edificio sacro. La fonte attigua, ancora oggi ritenuta salutare per il seno delle donne, dovette essere all’origine del culto in questa sede.
Catacomba
A poca distanza dalla chiesa di Sant’Agata, nei pressi di un’area verde, una breve gradinata che costeggia campi coltivati dà accesso ad una delle più sorprendenti scoperte degli ultimi decenni nel territorio di Castelvecchio. Nel 1943 alcuni ragazzi, imbattutisi in una buca nel terreno, entrarono in un cunicolo che risultò essere una catacomba del IV secolo, testimonianza rarissima della diffusione del cristianesimo nel territorio subequano. Chiusa in attesa della conclusione del conflitto mondiale in corso, dal 1949 fu indagata e restaurata dalla Pontificia commissione di archeologia sacra; vasi, croci uncinate, lucerne in creta di varie dimensioni con segni cristiani e porzioni di marmo con iscrizioni testimoniano una continuità di utilizzo del cunicolo. Oggi la catacomba si presenta con una conformazione a L; una galleria di circa 40 metri è delimitata da pareti che accolgono i loculi, di cui molti ancora chiusi da una solida muratura; in alcuni casi, un graffito riporta il nome del defunto e la data di morte.
San Francesco
Tommaso da Celano, biografo di Francesco, narra del passaggio del frate tra la Marsica e la valle Subequana.La tradizione vuole che Francesco, in Abruzzo tra il 1216 e il 1222, ospite dei conti di Celano a Gagliano Aterno, indicò in lontananza l’area su cui avrebbe voluto edificare il convento; la donazione della chiesa di Santa Maria piè di Pontano e del terreno circostante, da parte dei conti, portò alla costruzione del nuovo edificio, a tre navate, consacrato nel 1288 e profondamente ristrutturato nel 1647. Nella facciata due leoni a lato del finestrone e lo stemma dei conti di Celano appartengono all’impianto più antico, mentre all’interno è restata integra la cappella gotica dove fu sepolto il conte Ruggero II di Celano che, ritiratosi a vita monastica nel convento nel 1392, vi morì il 27 febbraio 1393.Nelle vele della volta sono i simboli dei quattro Evangelisti, mentre sulle pareti gli affreschi , ritenuti a lungo di scuola giottesca e recentemente attribuiti al Maestro di Campo di Giove, raffigurano gli episodi salienti della vita del santo: il sogno di Innocenzo III e la visione del Laterano cadente, l’approvazione della Regola, la predica davanti al sultano, l’incontro con Chiara e altri fino alla scena della morte di Francesco.Nel 1653 fu sostituito l’altare maggiore gotico da uno in noce, finemente intagliato e corredato di ventisette statue lignee; il precedente, con una nicchia centrale fu ricollocato nella cappella di Sant’Antonio.Nella prima cappella a destra, rispetto all’entrata, è conservato un dipinto a olio su tela del XVI secolo, raffigurante l’Assunta (chiamata in paese “la Cintura») con i dodici Apostoli, san Francesco e sant’Antonio da Padova. Tra XIV e XV secolo fu realizzato il pian terreno del chiostro a doppio loggiato ; le volte a crociera del porticato ospitavano gli affreschi della vita del Santo. Ancora oggi resta una immagine della Vergine in trono con due santi, ricollocata nel refettorio del convento.
Acquedotto delle Uccole
La città di Corfinio riceveva acqua dalla Valle Subequana mediante l’acquedotto che, attingendola nel territorio di Molina Aterno, attraversava le Gole di San Venanzio e raggiungeva l’area peligna.
L’opera fu realizzata nella prima età imperiale mediante lo scavo di un canale, largo fino a 0,80 metri e alto ca. 1,50/1,80, direttamente nella roccia che emerge lungo il versante. Nel dialetto locale l’acquedotto è conosciuto come “via delle ùcchele”, con riferimento alle 134 bocchette collocate lungo il tracciato, attraverso le quali era consentito l’accesso all’interno per i controlli necessari. Già nella prima metà del I sec. d.C. l’acquedotto fu sottoposto a un intervento di restauro, come riportato in una iscrizione oggi murata nella chiesa di San Giovanni a Castelvecchio Subequo. Il tracciato del canale è fiancheggiato da un sentiero di servizio, anch’esso scavato nella roccia che, secondo la tradizione, vide passare Pietro da Morrone durante il viaggio che lo condusse all’Aquila per l’incoronazione a papa, e Gioacchino Murat nel corso del suo cammino in ritirata dopo la caduta di Napoleone.
Goriano Sicoli
Castel di Ieri